Orto globale, locale e biodiverso

Ortaggi insoliti. Per un orto globale, locale e biodiverso

Ortaggi insoliti, particolari, che spesso incuriosiscono: sono loro i protagonisti del libro “Ortaggi insoliti” di Matteo Cereda e Sara Petrucci, edito da Terra Nuova edizioni, che non manca comunque di menzionare anche l’elenco degli ortaggi comuni che vengono coltivati negli orti di tutta Italia.

Un orto ricco di specie diverse, comuni e classiche ma anche curiose, desuete, interessanti. Un orto vario, colorato, sorprendente e divertente: questo è l’elemento di piacere che Matteo Cereda e Sara Petrucci hanno desiderato trasmettere con il loro libro “Ortaggi insoliti” , invitando chi già coltiva ad imparare sempre cose nuove e suggerendo agli altri un’idea diversa rispetto alla percezione di fatica che l’orto può evocare. «C’è una dimensione personale nel rapporto con le piante, una voglia di ritrovare un contatto diretto uscendo dal ruolo che si ricopre nella vita di ogni giorno – spiega Sara Petrucci – nei confronti delle piante siamo tutti persone, non c’è giudizio, c’è semplicità. Coltivare specie particolari oltre a quelle comuni può andare nella direzione di maggiori soddisfazioni e divertimenti, svolgendo il nobile lavoro di produzione di cibo o di piante curative. Un ambiente vario e ricco di diversità biologica si contrappone alla semplificazione dei contesti verdi, dei territori, alle monocolture».

Ortaggi autoctoni ed ortaggi esotici«Il libro offre una panoramica vasta ma non esaustiva di ortaggi particolari, alcuni dei quali, ad onor del vero, sono già coltivati da molti agricoltori professionali o privati: è il caso della borragine, dello zafferano, delle arachidi, dei capperi e degli agretti, tutte specie abbastanza insolite ma non troppo – spiega ancora la co-autrice – Altri ortaggi descritti venivano regolarmente coltivati anticamente e lo sono tuttora in ambienti marginali: ad esempio la cicerchia, i lampascioni, la pastinaca. Altri ancora sono conosciuti nel nostro paese come prodotti importati e considerati molto benefici per la nostra salute: lo zenzero e il goji sono tra questi. Studiando il loro ciclo di vita e di sviluppo, si comprende facilmente che con le dovute accortezze si possono coltivare anche dalle nostre parti, a scopo amatoriale, certo, ma anche a livello professionale».

La libera circolazione di uomini, animali e piante

«Siamo in un mondo ormai globalizzato, ma prima ancora che lo diventasse, piante, uomini e animali avevano iniziato a spostarsi tra i continenti. Le patate, i pomodori, il mais, molte specie di fagiolo, e altre piante ancora non erano presenti negli orti europei antichi, perché furono introdotti nel nostro continente solo dopo la scoperta dell’America. Per citare altri esempi, il pesco è originario della Cina e gli agrumi provengono dai paesi asiatici a clima tropicale, sebbene siano arrivati oltre 2000 anni fa da noi (ne parlava già Virgilio nelle Georgiche). Personalmente non so se si debba stabilire un limite temporale oltre il quale l’introduzione di specie da altri continenti confligga con l’interesse a mantenere solo le specie “autoctone”, e credo che l’invito a coltivare ortaggi insoliti offerto dal libro vada proprio in questa direzione di dinamismo».

L’evoluzione dell’agricoltura

«Oggi si trovano tante varietà locali di pomodoro, legate a specifici territori – aggiunge Petrucci – esistono deliziose varietà di fagioli che si sono guadagnate la DOP (Denominazione di Origine Protetta), mais “antichi”, fruttiferi tradizionali dalle produzioni squisite e dalla buona resistenza alle comuni patologie, ottime per la coltivazione biologica. Mi piace pensare che per l’anno 2500 o chissà quando, si saranno selezionati anche ecotipi locali di zenzero o di goji, e che la gente di allora li avrà assimilati a colture nostrane come noi abbiamo ormai fatto con quello che già coltiviamo e mangiamo da secoli. In fondo l’agricoltura evolve con l’uomo, con la tecnica, con la civiltà, coi fenomeni migratori. La nostra epoca non può essere considerata il punto di arrivo, a mio parere».

Ortaggi esotici come integrazioni produttive

«Laddove problemi di mercato, di siccità e di cambiamenti climatici rendono sempre più difficile la coltivazione di alcune specie, la loro sostituzione o integrazione con altre capaci di adattarsi alle mutate condizioni potrebbe essere una valida risposta alla difficoltà che alcune aziende agricole si trovano a vivere. L’abbandono delle campagne ha dei risvolti sociali, economici ed ambientali non da poco, quindi l’agricoltore può attingere a nuove opportunità, rappresentante anche dagli ortaggi insoliti, in una visione dinamica della propria realtà imprenditoriale, adattabile al contesto».

Il libro “Ortaggi insoliti” si rivolge soprattutto a privati che desiderano coltivare nuove specie oltre a quelle comuni, e che intendono farlo nel rispetto dell’ambiente, con metodo biologico. Per ciascuna specie sono suggerite tecniche eco-compatibilli sulla gestione del suolo, delle cure colturali dalla semina alla raccolta, compresa la delicata difesa da malattie e parassiti, che noi intendiamo praticabile con la prevenzione e con i mezzi non inquinanti. Il testo può dare adito a interessanti riflessioni, domande, dubbi e disaccordi, e trovo personalmente che questo sia molto stimolante.