Persona osserva con lente di ingrandimento pomodori su un tavolo insieme a ravanelli, insalata, mele e cipollotti; concept pesticidi

Ciotola di ciliegie con quaderno ad anelli, penna e lente di ingrandimento, e ciliegie sparse sul tavolo; concept pesticidiL’analisi dei residui di pesticidi su frutta e verdura, che secondo stime dell’Unione Europea si ritrovano in un campione su due, richiede indagini che non possono essere svolte nei negozi, ma solo in laboratori specializzati. In futuro, però, la situazione potrebbe cambiare, perché i ricercatori del Karlolinska Institutet di Stoccolma, grazie a un progetto finanziato dallo European Research Council, hanno messo a punto un metodo facile da utilizzare, poco costoso, rapido e soprattutto che non richiede una strumentazione sofisticata né personale con una formazione specialistica, illustrato in articolo pubblicato su Advanced Science.

I ricercatori svedesi sono partiti da una tecnica messa a punto negli anni Settanta, la spettroscopia Raman amplificata da superfici (più comunemente chiamata Sers), che permette di amplificare enormemente (fino a un milione di volte) il segnale di singole molecole depositate su una superficie. Questa tecnica è già sfruttata in campo medico per identificare i biomarcatori di alcune malattie e nella ricerca, ma finora non è stata molto usata in altri ambiti perché piuttosto costosa e poco maneggevole. Ottimizzando il procedimento, i ricercatori svedesi hanno risolto i principali limiti della tecnica e creato un sensore più che maneggevole, adatto a indagini sul campo da effettuare in pochi minuti in un negozio. In sintesi, si preleva un campione, per esempio dalla buccia di una mela, con un bastoncino cotonato. Quindi si immerge quest’ultimo in una soluzione per dissolvere i pesticidi raccolti, e poi se ne deposita qualche goccia sul sensore.

Supermarket employee putting vegetables in shelves
Un gruppo di ricercatori ha messo a punto una tecnica per rilevare residui di pesticidi in pochi minuti, direttamente sul campo

Per confermare l’affidabilità del metodo, gli autori hanno usato un tracciante noto, e poi hanno analizzato il segnale del sensore con lo spettrometro, confermando che la reazione aveva dato il risultato atteso. Quindi hanno fatto prove con una mela cosparsa di un pesticida vietato in molti paesi, il Paration-etile: anche in questo caso ottenendo risultati corretti in pochi minuti. Inoltre, anche dopo 2 mesi e mezzo gli stessi campioni, analizzati nuovamente con la stessa serie di sensori, hanno dato lo stesso esito, suggerendo così che i kit di analisi possano essere conservati a lungo, per ripetere le prove nel tempo.

In laboratorio i test hanno avuto successo, e ora si tratta di effettuarne molti di più, in situazioni reali, ma se tutto andrà come atteso, in un futuro non troppo lontano potrebbe essere possibile scoprire la presenza di pesticidi senza ricorrere a complesse indagini di laboratorio.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Fotolia

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Valerio
Valerio
3 Luglio 2022 11:51

Buongiorno. In molti articoli che pubblicate sui residui di pesticidi, compreso questo, si fa riferimento soltanto ai residui depositati esternamente alla frutta e verdura. Peccato che la maggior parte dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura siano sistemici, e possano essere traslocati all’interno delle parti edibili, come il frutto, anche se il trattamento è avvenuto prima della formazione delle stesse. Le analisi legalmente valide sui residui di fitofarmaci si eseguono su un omogeneizzato dell’intero frutto, non soltanto sulla buccia. Alcuni fitofarmaci utilizzati come concianti ad esempio sulla semente di girasole, conservano il potere di uccidere le api che si posano sulla corolla del girasole, dopo 6 mesi dal trattamento e a 2 metri di distanza dal seme trattato. Gli eventuali residui di trattamenti sulla buccia sono i meno pericolosi, perché sono quelli più facilmente eliminabili per dilavamento, lavaggio, sbucciatura, cottura. Ma la maggior parte dei residui si trovano all’interno delle parti commestibili, quindi è sconsigliabile continuare a dare al pubblico l’illusione che basta lavare, sbucciare o analizzare la buccia degli alimenti per evitare di assorbire fitofarmaci. Occorre semplicemente ricordarsi che tutto quello che immettiamo nell’ambiente, fitofarmaci compresi, ce lo ritroviamo poi nel cibo, nell’acqua, nell’aria. Non esistono rimedi miracolosi se continuiamo a spargere milioni di tonnellate di veleni.

giova
giova
Reply to  Valerio
19 Luglio 2022 20:19

Mi sembra un’osservazione importante, perchè spesso pensiamo alla sbucciatura o al lavaggio accurato credendo – erroneamente – di eliminare o ridurre le sostanze chimiche.

Graziano Miani
Graziano Miani
25 Luglio 2022 16:10

sono un tecnico in pensione come consulente tecnico e da 6 anni con partita iva al termine della carriera , dopo 6 anni di impegno nella prevalentemente consulenza BIO ( Federbioservizi )

Sono a ringraziarvi per il vostro lavoro e segnalazioni.

L’importanza fondamentale di questa applicazione e il costo e la rapidità che permetterà un controllo più capillare e tempestivo.
Poi come l’intervento in calce sarà importante verificare la sua applicabilità anche sui prodotti “sistemici ” che sono più soggetti a diluizioni entrando in circolo. Non ultimo se fossero in grado di dare indicazioni sulla presenza dei metaboliti dei principi attivi registrati. I metaboliti sono importanti per fare chiarezza fra prodotti a residuo zero ( perché non piu rilevabili ) e prodotti BIO a residuo ZERO perché non impiegati.) un grazie alla scienza perche ci offre sempre orizzonti nuovi